Persone da Salotto: a tu per tu con l’artista Silvia Venturini

Silvia nasce come performer, incentrata sulla danza, sul teatro, sul canto, lavorando sul corpo e sul movimento. Fino ai 28 anni, si è dedicata alle arti creative e al teatro a livello professionale. Infatti, il suo primo ingaggio teatrale è stato a Parigi, in una compagnia che si occupava di mettere in risalto un quartiere parigino e lei lavorava come agente locale artistica. Tornata in Italia, collabora con i Cantieri Teatrali Koreja, per poi riprendere la sua ricerca artistica individuale attraverso la creazione di alcuni spettacoli e la conduzione di laboratori in scuole e contesti associativi. Diventata madre, questa parte è stata messa in standby. Ad un certo punto della sua vita, si è resa conto che la parte creativa e artistica le mancava profondamente, le mancava una parte di sé. Così, da un paio d’anni, ha ripreso dei progetti sul piano personale, ha iniziato a collaborare con un collettivo di artisti, attivando delle formazioni sul piano di danza contemporanea e laboratori teatrali nelle scuole. Dal 2021 è parte integrante di Progetto RESCUE, un collettivo di artisti incentrati sulle arti performative e sulla costruzione di una rete sociale e artistica che avvicina le persone alla partecipazione civica e culturale.

“El camino se hace caminando” – Antonio Machado

La collaborazione con la Serra nasce per una serie di coincidenze. Silvia stava organizzando degli appuntamenti di pratiche corporee in contatto con la natura, ma a causa della brutta situazione metereologica si è ricordata della nostra Serra. Così è iniziata questa avventura, richiedendo una residenza artistica in cui svolgere delle performances live. Se n’è subito innamorata perché è molto in rima con tante delle tematiche che le interessano, tra cui la creazione di luoghi che possano essere contemporaneamente laboratori di pratiche creative e che abbiano una forte connessione con gli abitanti della città.

Infatti, ha già fatto due incontri di pratiche corporee, in gruppo molto piccolo perché lo spazio interno è limitato. Il grande vantaggio è lo spazio esterno che è altrettanto ricco di stimoli e potenzialità. Ciò che le interessa molto è questa doppia linea: dall’interno, se rivolgiamo lo sguardo verso il lato stretto della serra, si ha una prospettiva del viale, delle foglie, dei tronchi, quindi molta natura; se ci si gira di 90 gradi, si ha una prospettiva chiaramente urbana, con la strada, il cineporto, gli edifici. Infatti, una tematica che ricorre spesso nella sua arte è la dicotomia tra natura e cultura, tra natura e struttura. Natura intesa come qualcosa di non governato e non governabile, che nasce in modo spontaneo e che contrasta l’urbanizzazione, quindi la struttura, il disegno di un progetto predefinito.

Inoltre, per sottolineare questa dicotomia, Silvia ha proposto un progetto di allestimento di fotografie di pratiche di movimento fatte in natura, insieme a delle tracce audio che mixano pensieri e altri rumori di paesaggi sonori. Lo scopo dell’allestimento è quello di esplorare un suo territorio interno, attraverso il supporto di foto e suoni, ma anche quello di richiamare l’emotività del pubblico.